
Siamo stati abituati a domandarci, nell’ultimo decennio, dove termina la notte barese, dove finisce il qualunquismo, la nullità, il provincialismo. La domanda era mal posta, perché imposta dalla politica cittadina. Non dove, ma come terminerà la notte dei baresi? È nel come, nella modalità, nei dispositivi, nella ricerca di senso, nel viaggio al termine della notte – per dirla con Céline – che la città deve trovarsi e definirsi. Noi non siamo ancora una città, non nel senso più pieno del termine. Non siamo una città di servizi avanzati, di manifattura concreta, di artigianato e di cultura. Siamo una cittadella, un borgo espanso, demograficamente concentrato, che però pretende di essere considerata una roccaforte identitaria. Non siamo che un puntino ancora fioco nell’economia italiana, figuriamoci in quella mondiale. Un boccino nel grande biliardo della globalizzazione, prossimo a cadere nella buca spinto da un rimpallo, non da un colpo secco. Non siamo protagonisti della competizione culturale mondiale, secondi in Puglia perfino a Lecce. Di chi le responsabilità? Molte, quasi tutte, della politica cittadina. In dieci anni, quelli passati, un mantello farfugliante, e un po’ volgare, di chiacchiere infondate ha coperto dalla rivelazione una città rozza e talvolta oscena. Bari s’è crogiolata nel suo imperturbabile autocentramento, nella sua indiscutibile arroganza. Coltivato il paternalismo, la politica s’è ridotta a barbarie via twitter e facebook, a sommaria genitrice di slogan, a semplice esercizio di un potere che con comanda più nulla. I processi economici, la crisi, e quelli reali, la società, hanno modellato la città abbattendola, colpo su colpo, grazie a questa complicità politica decennale. C’è però di nuovo che, finalmente, i baresi più sensati stanno meditando di andar via, di sottrarsi da questo gioco scemo che assomiglia al giro dei criceti nella ruota di una gabbietta: pedalo e corro, senza mai raggiungere una meta, fino a farmi schiattare il cuore. No! Una parte di città non ci sta più: o va via o ci sta pensando. È brutto andarsene? E perché mai? Cos’hanno fatto i nostri nonni? I nostri padri per certi periodi? Il mondo è questo: un’opportunità e un invito al viaggio. Se non possiamo viaggiare qui con il lavoro e la cultura, tanto vale farlo altrove prima che la notte barese ci risucchi senza rimedio.